giovedì 12 luglio 2018

Le grand ensamble


Mi liscio i pantaloni, mi siedo sulla sabbia. Bevo un sorso d’acqua dalla borraccia. È quasi bollente. Il sole picchia sulla pelle e sento la mia schiena bruciare.
«Non ci hai mai pensato?» dico. «A quanto siamo soli, intendo. Non io e te come noi, ma io e te come singoli, così come tutti gli altri. È difficile da spiegare a parole».
Chiudo gli occhi, inspiro l’aria di mare che una calda brezza sta accompagnando fino a me.
«Fino a che punto una persona può contare per un’altra?» continuo, riaprendo gli occhi. «Quanto grande può essere il sentimento che le lega? Noi cerchiamo l’amicizia e cerchiamo l’amore. E li troviamo quasi sempre, in ogni caso; ma fino a che punto l’amicizia e l’amore sono forti tra le persone? Sì, lo so. In alcuni casi sembra che io voglia solo lamentarmi, ma non è così. Non mi guardare così, ti prego».
Per un attimo il sole smette di bruciarmi la schiena; si tratta di una nuvola solitaria che cattura momentaneamente la mia attenzione, distogliendomi da quel che sto dicendo. Rispunta il sole e io continuo a parlare: «Supponi che una persona A voglia particolarmente bene a un’altra persona B. A e B non possono fare a meno l’una dell’altra, sono felici e vivono la loro vita insieme. Sono amici o amanti, non fa alcuna differenza. Immagina, però, che a un certo punto A muoia. Non è importante perché è una condizione immodificabile: ognuno di noi morirà. A è morta e B è molto triste per questo; ma ci sarà un momento della sua vita in cui andrà avanti. Tutto va avanti. Io e te non siamo niente. Siamo come il mare, guardalo. Tira fuori un po’ d’acqua dal mare e questa verrà subito sostituita. Siamo come la polvere. Puoi soffiarla via da una superficie, ma questo non cambia niente. Ce ne sarà sempre dell’altra a riempire quel vuoto.
«Perché noi siamo completi, amica mia. E ci tengo a precisare ancora che siamo completi non in quanto noi nel senso stretto del termine, ma in quanto io e in quanto te e in quanto tutti. Io sono completo, tu sei completa, tutti sono completi in se stessi. Abbiamo bisogno degli altri per continuare a vivere in modo tale da non sentire ciò che è uno stato di fatto: la solitudine».
Smetto di parlare perché un tremito ha spezzato per un attimo la linearità quasi musicale delle mie parole. Tu non mi dici niente, forse mi guardi. Non so perché ho chiuso gli occhi. Quanto vorrei che piovesse, così la pioggia potrebbe nascondere qualcosa che non voglio mostrarti.
«Immagina qualcuno che si sente incompleto. Immagina come possa soffrire. Esistono persone che davvero non riescono a rimanere da sole. Hanno paura di essere abbandonate da un momento all’altro. Ebbene, per loro la vita è un inferno, perché a un certo punto A muore e B si ritroverà a dover cercare C, che a un certo punto andrà via anche lui. Chi si sente incompleto non soffre per la mancanza di qualcuno, ma per l’assenza in quanto stato d’essere».
Te ne sarai accorta dalle mie parole interrotte di quando in quando dai singhiozzi. Non lo posso più nascondere, anche se chiudo gli occhi. Non potrei nasconderlo neanche se piovesse. Invece il sole continua a picchiare sulla mia schiena. Ti sto parlando e mentre parlo ho il viso rivolto verso il mare, anche se non ho il coraggio di osservare quell’immensa distesa azzurra.
Ho gli occhi chiusi perché non riesco a guardare il cimitero in cui sei sepolta.
Amavamo il mare, ma soprattutto ci piaceva quella canoa che abbiamo comprato l’anno scorso. L’abbiamo chiamata le grand ensamble. Su di essa, al largo, nella cornice di una sera illuminata da una luna calante e decine di migliaia di stelle ci siamo baciati. Le grand ensamble non ci ha mai tradito e quando tu sei caduta e non sei più risalita in superficie, io non mi sono tuffato a cercarti.
A volte mi chiedo perché tu non sia risalita. L’acqua era piatta, il cielo sereno. Io ti stavo aspettando.
«Non hai mai pensato a quanto siamo soli» concludo, aprendo gli occhi. «Perché non lo sei mai stata».
Tu eri, ora non sei più. Non è cambiato niente. Forse mi sto contraddicendo.
Continui a non parlarmi.

Pietro dell'Oglio

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